La meditazione nel Buddhismo Theravada della foresta

Il buddhismo Theravada è il bacino di insegnamenti più vicini alla morte del Buddha, circa 2500 anni fa, per questo chiamato anche Buddhismo Antico.

Il Buddha non ha lasciato nulla di scritto, a quel tempo si trasmetteva oralmente e la gente aveva una gran memoria. Sono stati i discepoli a trascrivere la sua saggezza: è nato così il Canone Pali, una lunghissima serie di testi preziosissimi che pullulano di esempi pratici e perle di risveglio.

In questo panorama, i monaci della Foresta praticavano i suoi insegnamenti facendo una vita nomade nelle foreste. Il segreto di questa scelta forse sta nell’urgenza di prendere rifugio non nelle comodità mondane, bensì nella consapevolezza.

Quale luogo meglio della foresta per avere i sensi all’erta, non aggrapparsi a nulla e riconoscere la mente al millimetro? La mente è molto simile a una foresta. Anche nella mente possiamo imparare a muoverci con agilità, discernimento e attenta sincronia.

Sancittarama

Santacittarama è il monastero di questa tradizione che si trova a Poggio Nativo, Rieti. Qui si possono incontrare monaci che vivono in Kuti (capanne) nel bosco e praticano una forma molto antica di buddhismo. I loro abiti hanno i colori delle foglie autunnali.

La meditazione nella vita di tutti i giorni

La meditazione si pratica seduti sul cuscino (o su una sedia). Ma quella è solo la parte formale dell’addestramento.

Sul cuscino si affila la spada dell’attenzione e della cura, perché poi sorga al momento giusto nel caos e nei conflitti interiori della quotidianità, tagliando le illusioni e la creazione di inutile sofferenza.

Le emozioni di ogni giorno possono accumularsi fino ad avere le proporzioni di un elefante.

Il fine della meditazione è quello di trovarsi sopra l’elefante, con la leggerezza di un uccello che si posa sulle difficoltà conoscendone l’intima natura transitoria.

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